Qualche tempo fa alla mensa dei poveri del Servizio Missionario Giovani (Sermig), a Torino, un signore rimase talmente stupito da telefonare a un amico: “Ma che mondo e questo? C’é Gigi Buffon che mi serve a tavola e stasera vado a dormire nell’appartamento del Papa”. Da portiere a cameriere, si può essere numero uno in tanti modi.
Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, racconta con il sorriso le altre notti di un campione del mondo, anche se per lui e anche meglio l’uomo: “Già, perché se Gigi avesse smesso ieri con il pallone, esisterebbe lo stesso. Non tanto per il fisico, ma per la testa come portiere può durare fino a cinquant’anni”. Stasera Buffon fa 136 presenze azzurre (“se riesco lo guardo in tv”), ma qui si festeggia la persona, e non é un modo di dire: “Di Buffon si percepiscono i valori e le doti, non attraverso le parole, ma con il silenzio, gli atteggiamenti. E sono molto felice che raggiunga questo primato, che è segno di costanza e di capacità: lui é un uomo che sa quali sono i valori”.
Quest’altra storia di Buffon, tra gli ultimi, comincia come le favole: c’era una volta, senza data, “perché gli amici di questa casa li copriamo di riservatezza”. Oltre alle cene servite e alle conferenze tra i giovani ex-tracomunitari “Gigi ha fatto tante altre cose, che resteranno nella sua e nella nostra storia, in silenzio”. Sulle maglie della sua Carrarese ha messo il logo del Sermig: “Se l’ha fatto il Barcellona con l’Unicef, possiamo farlo noi”, disse. Se non c’é un inizio, c’é un perché: “E’ venuto qui e si é sentito trattato da persona”. Per il resto fa il portiere anche qui, in un certo senso: solo che i compagni da salvare non sono Barzagli, Bonucci, Chiellini. Ma gente affamata, in fuga da guerre o brutte storie, che si ritrovano “un campione del Mondo che li serve”, e se ne vanno a dormire nell’appartamento messo a disposizione dal vescovo, che ha sempre accolto i papi, a Torino. “Ehi, non ci crederai mai – disse un ospite del Sermig – C’è Buffon che mi serve la cena”. Più che da manuale del calcio, da Atti degli Apostoli: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere”.
Cosi, a volte, Buffon si ritrova: oltre i guantoni, le parate, il pubblico, la fama, gli autografi. Tutte cose che possono scomparire, anche se se il migliore del pianeta, come scrisse in un libro per i 25 anni dell’Arsenale della Pace, la sede torinese del Sermig. “Pensavo che il Sermig fosse solo un luogo di ritrovo per persone meno fortunate e abbienti in cerca di affetto, solidarietà e comprensione – le parole di Buffon —. Ebbene tutto questo é vero. Ma con il tempo ho capito che tutto ciò é troppo riduttivo. Con il tempo ho capito che dentro le mura dell’Arsenale della Pace, dentro quel portone, ci sono felicità e salvezza. Sì, proprio salvezza. E non solo per i soggetti a rischio, ma anche per gente come me, che apparentemente ha tutto. Tutto, sì. Ma solo nei momenti in cui ti accorgi che senza amore, senza affetto e senza rispetto del prossimo, la notorietà, la ricchezza e la bellezza valgono zero”. Per questo viene tra i poveri. “Perciò nei momenti più cupi vado al Sermig: Ernesto o chi per lui mi viene ad aprire e nello stesso tempo in cui entro lì dentro mi sento sollevato, felice, al riparo. E per questo che sono convinto che nell’Arsenale della Pace ci sia la salvezza”. Dice Olivero, che “Nella vita gli uomini si dividono in due categorie: quelli che cercano e quelli che pensano di essere già arrivati: e questi sono già morti. Gigi é uno che cerca, continuamente». Di essere uomo, oltre che portiere da record, stasera.
Massimiliano Nerozzi
lastampa.it